L’IMBECILLITA’ NON HA COLORE POLITICO

#carbyanalisi

 

Un imbecille resta un imbecille, che professi o meno di simpatizzare per il partito di Toni o di Nani. Trasformare invece l’imbecillità di una persona in un motivo di contropropaganda politica allarga solo il livello dell’imbecillità anche a chi usa strumentalmente tale tipo di approccio.

E’ di tutta evidenza che la sparatoria di Macerata, compiuta da una persona con gravi problemi, non può essere attribuita politicamente ai partiti a cui il personaggio in questione ha dichiarato di simpatizzare o per uno dei quali una volta si è “addirittura” candidato in una lista comunale prendendo ben zero voti.

Siamo in Italia, in un periodo di campagna elettorale (che peraltro da noi è permanente!!), ma a tutto c’è un limite. Le dichiarazioni di tal Roberto Saviano laddove afferma che “il mandante morale dei fatti di Macerata è Matteo Salvini. Lui e le sue parole sconsiderate sono oramai un pericolo mortale per la tenuta democratica” mi sembrano veramente fuori luogo. Anche perché, se andiamo ad analizzare quanto effettivamente aveva detto Salvini, il quale a volte pur usa toni forse esacerbati, non si può non condividere il passaggio in cui il leader della Lega sottolinea che “è chiaro ed evidente che un’immigrazione fuori controllo… porta allo scontro sociale”. Nulla più, nulla meno di ciò che pensano in moltissimi, anche tra quelli che pure votano a sinistra.

In pericolo infatti non ci sono solo sfortunati cittadini (bianchi o neri che siano) che si trovano a incrociare per strada il matto di turno, ma un’intera nazione che, se stenta a dare risposte al suo popolo, tanto più lo troverà in rivolta di fronte a situazioni fuori da ogni limite.

In questo senso peraltro mi piacerebbe che ogni tanto imparassimo dagli Americani, che si dividono su tutto, ma quando si tocca la nazione dimostrano assoluta unità. Per restare su fatti di cronaca che hanno qualche similutidine con quelli verificatisi da noi in questi giorni, basti pensare a quanto accaduto a Las Vegas  la scorsa estate allorché un mentecatto aprì il fuoco uccidendo decine di persone. In quell’occasione il presidente Trump immediatamente lanciò un appello per “l’unità e la pace nel Paese” senza riferimento a legami terroristici o altro. Anzi, il suo primo pensiero fu per l’azione degli agenti di Polizia, che definì “miracolosa”per aver comunque salvato molte vite umane ridugendo gli effetti della strage. Lo stesso Trump si affrettò poi altresì a dire che “sarebbe prematuro discutere di politica quando ancora non conosciamo appieno tutti i fatti né cosa sia avvenuto realmente”.

Ecco, da questo esempio e dalle chiare e oneste parole del tanto vituperato Trump (in generale non certamente un campione del politically correct), possiamo subito capire che il nostro è innanzitutto un problema culturale tutto italico, che nasce dall’incapacità di discernere tra il peso delle affermazioni pronunciate spesso senza attenzione (pur sapendole strumentali e forzatamente di parte) e il risultato che pensa di ottenere con esse chi le fa.

Solo da parole meditate infatti può nascere un civico dibattito politico, utile a frenare se non eliminare i colpi di testa di qualche squilibrato o la rivolta di frange fuori controllo delle popolazione. Questo mi piacerebbe leggere, in primis nelle parole di intellettuali scrittori e giornalisti (vieppiù se di una certa fama): un pensiero davvero meditato e non da tifosi, del calcio o della politica non c’è differenza. Ma probabilmente la mia è solo pia illusione e anche domani e domani dopo ancora continuerò a veder vincere la battaglia dei “mi piace” su facebook a chi spara la cazzata più grossa.

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